VELLUTI
- Evento
- 9 Ottobre 2008 - 25 Febbraio 2009
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Il 4 luglio Palazzo Madama inaugura un nuovo percorso all'interno della Sala Tessuti del museo. Esso è dedicato ai velluti: i tessuti attualmente esposti torneranno in deposito per lasciar spazio a teli, abiti, accessori e oggetti d'uso, tutti esclusivamente in velluto.
Ognuno di noi ha un paio di pantaloni, o una giacca, o una borsa di velluto, spesso di un bel colore unito, magari a coste. Difficilmente però riusciamo a immaginare la varietà di tinte e di disegni degli abiti del XVIII secolo (con i velluti uniti o miniatura ricamati), o delle vesti del Cinquecento, epoca in cui maturò la netta distinzione tra i tessuti per l'abbigliamento e quelli per l'arredo.
Gli abiti di oggi sono generalmente di cotone, ma il velluto nasce come tessuto realizzato in seta, il più prezioso e raffinato dei filati, spesso arricchito con lamine d'oro e d'argento.
Le origini del velluto vanno forse cercate in Oriente, tra Asia centrale, Iran e Iraq; certamente, nel XIV secolo, il velluto fu prodotto anche in Italia, a Lucca, Venezia, Firenze, e poi a Genova, Milano. Qui si elaborarono disegni e costruzioni tecniche capaci di esaltare i valori tattili e cromatici del velluto di seta, la morbidezza e cedevolezza date dallo spessore del pelo tagliato, la variabilità e la profondità di colore. Nelle Fiandre e nel nord della Francia anche la lana fu già anticamente utilizzata per tessere un velluto robusto e resistente, con fondo in canapa, adatto per rivestire i mobili (come le poltroncine dei nostri cinema): il campione cinquecentesco esposto porta infatti i simboli di Enrico II di Francia e di Diana di Poitiers.
Le caratteristiche dei vari tipi di velluto si colgono con gli occhi, ma anche con le mani: bisogna toccare il tessuto per apprezzarne le qualità, capirne il valore e l'uso cui può essere destinato. Il percorso espositivo presenta alcuni campioni da toccare che consentono l'esperienza delle particolarità materiche dei manufatti; serie di immagini tratte da dipinti ruotano sui monitor, a illustrare invece l'uso del velluto nella storia.
A Torino la produzione del velluto ebbe inizio alla fine del XVI secolo, nell'Albergo di Virtù, istituzione assistenziale fondata da Carlo Emanuele I per accogliere e insegnare un mestiere ai giovani indigenti. I mastri vellutieri giunsero da Milano e da Genova e avviarono la tessitura di velluti solij, cioè uniti, soprarizzi, cioè cesellati, velluti a fondo riccio e a fondo taffetas, felpe. Palazzo Madama espone in questa occasione l'unico velluto seicentesco di sicura produzione torinese, il famoso telo cesellato con disegno 'a giardino' in prestito dal Musée des Tissus di Lione. Acquisizione recentissima del museo civico sono invece i raffinati velluti della ditta torinese di Guglielmo Ghidini; alcuni di essi riproducono modelli antichi copiati da stoffe entrate nella collezione del museo negli ultimi decenni del XIX secolo e testimoniano il servizio storicamente svolto dall'istituzione nei confronti del mondo produttivo cittadino.
Scarica il pieghevole dell'evento.
Il 4 luglio Palazzo Madama inaugura un nuovo percorso all'interno della Sala Tessuti del museo. Esso è dedicato ai velluti: i tessuti attualmente esposti torneranno in deposito per lasciar spazio a teli, abiti, accessori e oggetti d'uso, tutti esclusivamente in velluto.
Ognuno di noi ha un paio di pantaloni, o una giacca, o una borsa di velluto, spesso di un bel colore unito, magari a coste. Difficilmente però riusciamo a immaginare la varietà di tinte e di disegni degli abiti del XVIII secolo (con i velluti uniti o miniatura ricamati), o delle vesti del Cinquecento, epoca in cui maturò la netta distinzione tra i tessuti per l'abbigliamento e quelli per l'arredo.
Gli abiti di oggi sono generalmente di cotone, ma il velluto nasce come tessuto realizzato in seta, il più prezioso e raffinato dei filati, spesso arricchito con lamine d'oro e d'argento.
Le origini del velluto vanno forse cercate in Oriente, tra Asia centrale, Iran e Iraq; certamente, nel XIV secolo, il velluto fu prodotto anche in Italia, a Lucca, Venezia, Firenze, e poi a Genova, Milano. Qui si elaborarono disegni e costruzioni tecniche capaci di esaltare i valori tattili e cromatici del velluto di seta, la morbidezza e cedevolezza date dallo spessore del pelo tagliato, la variabilità e la profondità di colore. Nelle Fiandre e nel nord della Francia anche la lana fu già anticamente utilizzata per tessere un velluto robusto e resistente, con fondo in canapa, adatto per rivestire i mobili (come le poltroncine dei nostri cinema): il campione cinquecentesco esposto porta infatti i simboli di Enrico II di Francia e di Diana di Poitiers.
Le caratteristiche dei vari tipi di velluto si colgono con gli occhi, ma anche con le mani: bisogna toccare il tessuto per apprezzarne le qualità, capirne il valore e l'uso cui può essere destinato. Il percorso espositivo presenta alcuni campioni da toccare che consentono l'esperienza delle particolarità materiche dei manufatti; serie di immagini tratte da dipinti ruotano sui monitor, a illustrare invece l'uso del velluto nella storia.
A Torino la produzione del velluto ebbe inizio alla fine del XVI secolo, nell'Albergo di Virtù, istituzione assistenziale fondata da Carlo Emanuele I per accogliere e insegnare un mestiere ai giovani indigenti. I mastri vellutieri giunsero da Milano e da Genova e avviarono la tessitura di velluti solij, cioè uniti, soprarizzi, cioè cesellati, velluti a fondo riccio e a fondo taffetas, felpe. Palazzo Madama espone in questa occasione l'unico velluto seicentesco di sicura produzione torinese, il famoso telo cesellato con disegno 'a giardino' in prestito dal Musée des Tissus di Lione. Acquisizione recentissima del museo civico sono invece i raffinati velluti della ditta torinese di Guglielmo Ghidini; alcuni di essi riproducono modelli antichi copiati da stoffe entrate nella collezione del museo negli ultimi decenni del XIX secolo e testimoniano il servizio storicamente svolto dall'istituzione nei confronti del mondo produttivo cittadino.
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