Una collezione senza confini
a cura di Riccardo Passoni La GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino rinnova l’allestimento delle collezioni...
Marina Abramović è un'artista serba naturalizzata statunitense.
Attiva fin dagli anni sessanta del XX secolo è definita la «nonna della performance art»: il suo lavoro esplora le relazioni tra l'artista e il pubblico, e il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente.
Nasce a Belgrado, nipote di un patriarca della chiesa ortodossa serba, successivamente proclamato santo. Entrambi i genitori erano partigiani nella seconda guerra mondiale: suo padre Vojin Abramović (conosciuto come Vojo) fu un comandante riconosciuto, dopo la guerra, eroe nazionale; sua madre, Danica Rosić, maggiore dell'esercito, alla metà degli anni sessanta fu nominata direttrice del Museo della Rivoluzione e Arte in Belgrado.[3] Marina ricevette la sua prima lezione d'arte dal padre all'età di 14 anni: era il 30 novembre 1960; avendo chiesto al genitore di comprarle dei colori, lui si presentò con un amico il quale cominciò con il tagliare a caso un pezzo di tela, poi una volta steso a terra vi gettò sopra colla, sabbia, pietrisco, bitume, colori vari dal giallo al rosso, poi dopo aver cosparso il tutto con trementina collocò un fiammifero al centro della composizione che fu avvolta dalle fiamme e disse: "Questo è il tramonto".
Dal 1965 al 1972 studia presso l'Accademia di Belle Arti di Belgrado. Dal 1973 al 1975 ha insegnato presso l'Accademia di Belle Arti di Novi Sad, mentre creava le sue prime performance. Nel 1974 viene conosciuta anche in Italia, dove presenta la sua performance, Rhythm 4, esposta a Milano, nella Galleria Diagramma di Luciano Inga Pin. Nel 1976 lascia la Jugoslavia per trasferirsi ad Amsterdam. Nello stesso anno inizia la collaborazione e la relazione (che durerà fino al 1988) con Ulay, artista tedesco. Nel 1997 vince il Leone d'oro alla Biennale di Venezia con l'esecuzione Balkan Baroque. Dopo 12 anni di amore e di sodalizio artistico, Abramović e Ulay decidono di lasciarsi e di sancire la fine del loro rapporto con un'ultima performance, The Wall Walk in China: entrambi percorrono a piedi una parte della grande muraglia cinese partendo da capi opposti per incontrarsi a metà strada e dirsi addio. Seguono anni di ostilità e battaglie legali circa i diritti d'autore della produzione artistica: Ulay denuncia Marina per aver venduto autonomamente opere appartenenti ad entrambi. Nel settembre 2016 il giudice gli dà ragione e costringe Marina a versare 250.000 euro all'ex partner per violazione di un contratto firmato nel 1999, che regolamentava l'uso dei lavori realizzati insieme fra il 1976 e il 1988.
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a cura di Riccardo Passoni La GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino rinnova l’allestimento delle collezioni...