Mario Gabinio
- Mostra
- 12 Novembre 2000 - 11 Marzo 2001
La mostra dedicata alle fotografie di Mario Gabinio, che si apre nella sede espositiva di Villa Remmert a Cirié costituisce una precisa enunciazione della volontà della GAM di proseguire sistematicamente lo studio e la pubblicazione del proprio patrimonio fotografico storico e di operare attivamente per la promozione e la valorizzazione della cultura e della produzione fotografica italiana contemporanea.
Mario Gabinio (Torino 1871-1938), ormai riconosciuto come uno dei più grandi fotografi italiani del periodo a cavallo tra Otto e Novecento, segna con l'insieme della propria opera il passaggio cruciale dalla cultura ottocentesca dell'immagine ottica, tutta orientata alla celebrazione dei valori documentari, alla soggettività della nuova visione propria del moderno, sullo sfondo di quella città-laboratorio che era Torino, allora il centro più vitale della cultura fotografica italiana.
La grande mostra promossa dalla Galleria Civica d'Arte Moderna del 1996 aveva ricostruito sinteticamente tutto il percorso artistico di questo autore, dagli anni della formazione sino alla maturità e alla conoscenza diretta delle più avanzate sperimentazioni internazionali; dalle fotografie di montagna, le sue prime ad avere una buona circolazione, alle notissime serie di vedute urbane torinesi distribuite lungo un arco cronologico di più di trent'anni sino alla produzione artistica dei suoi ultimi anni di attività, quando l'interesse per la forma si era ormai liberato da esigenze puramente descrittive, portandolo a realizzare immagini che si confrontavano con gli esiti più avanzati delle ricerche fotografiche condotte in ambito europeo.
L'attuale progetto espositivo dedicato alle Valli piemontesi, curato da Pierangelo Cavanna, comprende circa duecento immagini, per la più parte inedite, e rappresenta la naturale prosecuzione della mostra precedente, proponendosi quale ricostruzione analitica dei primi decenni di attività del fotografo (1895 - 1925 circa). È questo un periodo in cui lo sguardo di Gabinio è prevalentemente rivolto alla realtà extra urbana, alle valli convergenti su Torino (Valli di Lanzo e Valle di Susa specialmente), indagate nelle loro componenti naturali, alpine in particolare così come nelle emergenze monumentali e nei primi segni dell'industrializzazione nascente, secondo percorsi che assumono a volte la forma di veri e propri viaggi per immagini, raccolte in più di quaranta album, contenenti ciascuno centinaia di fotografie. Dai gruppi di compagni-escursionisti ripresi negli anni giovanili si passa progressivamente ai paesaggi; qui l'attenzione sempre presente per il dato geografico si accompagna a una crescente coscienza del linguaggio fotografico che lo porta a costruire immagini affascinanti e rigorose, giocate sulle relazioni lievi tra superfici quasi immateriali e segni netti e rigorosi, che ben si prestano all'invenzione figurativa, artistica, senza mai perdere di vista però la necessità di registrare e restituire con precisione analitica i segni dell'uomo e la materia di cui sono fatte le cose, nella precisa consapevolezza delle modalità di trascrizione del reale imposte dal mezzo.
Mario Gabinio (Torino 1871-1938), ormai riconosciuto come uno dei più grandi fotografi italiani del periodo a cavallo tra Otto e Novecento, segna con l'insieme della propria opera il passaggio cruciale dalla cultura ottocentesca dell'immagine ottica, tutta orientata alla celebrazione dei valori documentari, alla soggettività della nuova visione propria del moderno, sullo sfondo di quella città-laboratorio che era Torino, allora il centro più vitale della cultura fotografica italiana.
La grande mostra promossa dalla Galleria Civica d'Arte Moderna del 1996 aveva ricostruito sinteticamente tutto il percorso artistico di questo autore, dagli anni della formazione sino alla maturità e alla conoscenza diretta delle più avanzate sperimentazioni internazionali; dalle fotografie di montagna, le sue prime ad avere una buona circolazione, alle notissime serie di vedute urbane torinesi distribuite lungo un arco cronologico di più di trent'anni sino alla produzione artistica dei suoi ultimi anni di attività, quando l'interesse per la forma si era ormai liberato da esigenze puramente descrittive, portandolo a realizzare immagini che si confrontavano con gli esiti più avanzati delle ricerche fotografiche condotte in ambito europeo.
L'attuale progetto espositivo dedicato alle Valli piemontesi, curato da Pierangelo Cavanna, comprende circa duecento immagini, per la più parte inedite, e rappresenta la naturale prosecuzione della mostra precedente, proponendosi quale ricostruzione analitica dei primi decenni di attività del fotografo (1895 - 1925 circa). È questo un periodo in cui lo sguardo di Gabinio è prevalentemente rivolto alla realtà extra urbana, alle valli convergenti su Torino (Valli di Lanzo e Valle di Susa specialmente), indagate nelle loro componenti naturali, alpine in particolare così come nelle emergenze monumentali e nei primi segni dell'industrializzazione nascente, secondo percorsi che assumono a volte la forma di veri e propri viaggi per immagini, raccolte in più di quaranta album, contenenti ciascuno centinaia di fotografie. Dai gruppi di compagni-escursionisti ripresi negli anni giovanili si passa progressivamente ai paesaggi; qui l'attenzione sempre presente per il dato geografico si accompagna a una crescente coscienza del linguaggio fotografico che lo porta a costruire immagini affascinanti e rigorose, giocate sulle relazioni lievi tra superfici quasi immateriali e segni netti e rigorosi, che ben si prestano all'invenzione figurativa, artistica, senza mai perdere di vista però la necessità di registrare e restituire con precisione analitica i segni dell'uomo e la materia di cui sono fatte le cose, nella precisa consapevolezza delle modalità di trascrizione del reale imposte dal mezzo.