Nuova esposizione di ventagli nella Galleria Giapponese
- Exhibition
- 13 February 2014 - 27 March 2014
Il 18 febbraio 2014 avrà luogo la rotazione conservativa delle opere esposte nella grande vetrina della galleria giapponese al Museo d’Arte Orientale. Pur essendo considerata più un’introduzione esteticamente piacevole all’inizio del percorso che una vera area espositiva, la vetrina ha ospitato e continuerà ad ospitare oggetti pregevoli dei periodi Edo (1603-1868), Meiji (1868-1912) e Taisho (1912-1926). Le opere non sono corredate da didascalie, ma un buon numero di notizie possono essere trovate nelle schede fornite dai terminali touch-screen presenti in museo.
Questa nuova rotazione presenta esclusivamente un gran numero di ventagli dipinti che offrono una significativa panoramica della pittura giapponese su questo particolare supporto tra la fine del XVIII e l’inizio del XX secolo. Si ritiene che il ventaglio pieghevole a stecche (ogi) sia stato inventato in Giappone prima del periodo Heian (794-1185), e si sia diffuso poi in Corea e Cina secondo il percorso inverso rispetto a gran parte degli elementi culturali che l’arcipelago ha invece recepito dal continente. In seguito, nel XVI secolo, i portoghesi introdussero il ventaglio pieghevole in Occidente e la sua diffusione divenne mondiale.
Questi saranno alcuni dei ventagli esposti:
Tani Buncho (1763-1840)
Ramo di forsizia, inizio del XIX secolo.
Inchiostro e colori su carta, cm 21,5 x 46,7.
Dalla parte superiore destra del ventaglio (ogi) spunta un ramo di forsizia dai fiori gialli, delineato a inchiostro bruno e colore di tonalità giallo ocra. Attivo a Edo, Tani Buncho (la cui firma con sigillo compare a destra in alto nella composizione) è stato uno degli artisti giapponesi più influenti tra il XVIII e il XIX secolo. Dotato di grande abilità tecnica, riusciva a destreggiarsi con diversi stili pittorici, oltre ad avere innate qualità per l’insegnamento e grandi conoscenze della pittura antica, sia cinese sia giapponese. Dopo avere studiato con diverse personalità, entrò nelle grazie di Matsudaira Sadanobu (1758-1829), reggente dello shogun, su commissione del quale compilò il celebre Shuko jussho (“Dieci varietà di antichità da collezionare”) pubblicato nel 1800, nel quale compaiono suoi disegni raffiguranti le moltissime opere antiche che aveva avuto modo di vedere nel corso di un viaggio lungo tutto il Giappone.
Araki Kanichi (1827-1911 ?)
Cuculo e luna di primavera, 1860 ca.
Inchiostro e colori su carta, cm 19,9 x 46,8.
Nella parte destra del ventaglio (ogi) si staglia un cuculo in volo dipinto a inchiostro e colori tenui, con il becco aperto mentre emette il suo richiamo. Sullo sfondo, al centro del ventaglio, è delineata una grande luna piena ottenuta “a risparmio” sfumandone il contorno superiore e destro di grigio. La firma dell’autore, “Kanichi”, è apposta a destra della composizione sopra il suo sigillo rosso. Araki Kanichi apprese i rudimenti delle tecniche pittoriche dal padre Kankai, artista della cosiddetta scuola Nanga (nota anche come Bunjinga, “pittura dei letterati”). Il cuculo (hototogisu) è un motivo ricorrente nell’arte giapponese, non soltanto nella pittura ma anche nella letteratura e nella poesia: nel periodo Edo è divenuto persino il soggetto di un genere poetico a sé nell’ambito delle composizioni haiku (tre versi di 5-7-5 sillabe). Il canto del cuculo segnala l’arrivo dell’estate, ma viene anche collegato al lamento degli spiriti dei morti che desiderano tornare in questo mondo per stare vicino ai propri cari.
Anonimo
Cinque ventagli con scene del “Genji Monogatari”, XIX secolo. ù
Inchiostro, colori e polvere d’oro su carta, cm 22 x 47 ca. ciascuno
Questi ventagli fanno parte di un’unica serie, dipinta da un artista anonimo verso la fine del periodo Edo (1603-1868), che si richiama a quello che è indubbiamente il più famoso dei romanzi giapponesi, un capolavoro della narrativa di tutti i tempi. Il Genji Monogatari, “Racconto di Genji”, risale agli inizi dell’XI secolo ed è considerato da molti come il più antico romanzo psicologico al mondo. Attribuito a Murasaki Shikibu (ca. 973-1014/1025), un’alta dama alla corte imperiale, narra le gesta (perlopiù amorose) di Genji, il “Principe Splendente” di straordinario fascino che rappresenta lo stile languido, l’estrema raffinatezza e la vita romantica degli aristocratici del medio periodo Heian (794-1185). L’ambientazione e l’abbigliamento dei personaggi raffigurati nei ventagli si ispirano in effetti alla moda di quel periodo. Lo stile è quello tipico della pittura nipponica (yamato-e) a colori sgargianti e polvere d’oro, che adotta una visuale a volo d’uccello ed elementi prospettici intuitivi.