Jessica Stockholder
- Exhibition
- 18 May 2005 - 3 July 2005
La GAM di Torino, proseguendo ciclo di mostre riservate agli artisti di nuova generazione, dedica una personale a Jessica Stockholder, tra le figure più interessanti nel panorama dell’arte contemporanea americana. La mostra offre al pubblico una serie di opere scelte, mai esposte in Italia.
Jessica Stockholder, con i suoi celebri “accumuli,” creati dall’assemblaggio di oggetti di uso domestico: mobili, sedie, tappeti, - ma anche attrezzi da cucina come colapasta e contenitori di plastica - rivolge un impietoso sguardo sull’effimero che circonda la vita quotidiana.
Dal momento in cui ciò che è familiare viene trasformato in inservibile catasta di materia, trasposto in puro oggetto da contemplare, immobile, mummificato, che non appartiene più a nessun mondo, diviene palese la precarietà e instabilità delle cose, e quindi dell’uomo.
Inoltre, di fronte allo stravolgimento, dovuto ai colori acidi e intensi, spalmati senza apparente logica sugli “objets trouvés”, la percezione del visitatore è spiazzata dalla dicotomia evidente tra una prima visione “pittorica” (da uno sguardo lontano le opere appaiono come macchie di colore) e la plasticità tridimensionale che si evidenzia dopo un’analisi ravvicinata dei lavori.
Ma l’artista non intende limitare allo sguardo, alla sola percezione visiva, l’approccio alle opere.
Come afferma Giorgio Verzotti nel testo in catalogo: Lo spettatore di Stockolder non dovrà, evidentemente, basarsi solo sul senso della vista per orientarsi (letteralmente) nell’opera: i termini più spesso usati dall’artista afferiscono agli atti di muovere il corpo: “entering the gallery”, “walking through” e così via.
Ruolo importante è inoltre svolto dalla memoria: Un altro suo termine chiave è “memory”: esercitare la memoria di ciò che si è appena visto nel momento in cui, muovendosi, si passa a guardare altro, così da connettere insieme, mentalmente, tutti gli stimoli che l’installazione induce.
Jessica Stockholder è nata a Seattle nel 1959, vive e lavora a New Haven, CT.
Dal 1982 ad oggi hanno ospitato sue mostre personali i più prestigiosi spazi museali: nel 1992 la Kunstalle di Zurigo; nel 1995 la Sala Montcada de la Fundaciòn “La Caixa”, di Barcellona; nel 1995 il Dia Center for the Arts, di New York; nel 2001 il Kunstverein, San Gallo.
Jessica Stockholder ha inoltre partecipato alle collettive: nel 1989 “Making a Clean Edge”, P.S. 1 Museum, New York, nel 1991 alla Whitney Biennal, New York, nel 1993 “As Long as it Lasts” al Witte de With, Rotterdam; nel 1994 “Unbound: Possibilities in Painting, Hayward Gallery, Londra. Dopo una lunga attività accademica, attualmente insegna presso la Yale University, New Haven, CT.
La mostra è accompagnata da un catalogo delle edizioni Hopefulmonster italiano/inglese, con testi critici di Michel Gauthier e Giorgio Verzotti
Jessica Stockholder, con i suoi celebri “accumuli,” creati dall’assemblaggio di oggetti di uso domestico: mobili, sedie, tappeti, - ma anche attrezzi da cucina come colapasta e contenitori di plastica - rivolge un impietoso sguardo sull’effimero che circonda la vita quotidiana.
Dal momento in cui ciò che è familiare viene trasformato in inservibile catasta di materia, trasposto in puro oggetto da contemplare, immobile, mummificato, che non appartiene più a nessun mondo, diviene palese la precarietà e instabilità delle cose, e quindi dell’uomo.
Inoltre, di fronte allo stravolgimento, dovuto ai colori acidi e intensi, spalmati senza apparente logica sugli “objets trouvés”, la percezione del visitatore è spiazzata dalla dicotomia evidente tra una prima visione “pittorica” (da uno sguardo lontano le opere appaiono come macchie di colore) e la plasticità tridimensionale che si evidenzia dopo un’analisi ravvicinata dei lavori.
Ma l’artista non intende limitare allo sguardo, alla sola percezione visiva, l’approccio alle opere.
Come afferma Giorgio Verzotti nel testo in catalogo: Lo spettatore di Stockolder non dovrà, evidentemente, basarsi solo sul senso della vista per orientarsi (letteralmente) nell’opera: i termini più spesso usati dall’artista afferiscono agli atti di muovere il corpo: “entering the gallery”, “walking through” e così via.
Ruolo importante è inoltre svolto dalla memoria: Un altro suo termine chiave è “memory”: esercitare la memoria di ciò che si è appena visto nel momento in cui, muovendosi, si passa a guardare altro, così da connettere insieme, mentalmente, tutti gli stimoli che l’installazione induce.
Jessica Stockholder è nata a Seattle nel 1959, vive e lavora a New Haven, CT.
Dal 1982 ad oggi hanno ospitato sue mostre personali i più prestigiosi spazi museali: nel 1992 la Kunstalle di Zurigo; nel 1995 la Sala Montcada de la Fundaciòn “La Caixa”, di Barcellona; nel 1995 il Dia Center for the Arts, di New York; nel 2001 il Kunstverein, San Gallo.
Jessica Stockholder ha inoltre partecipato alle collettive: nel 1989 “Making a Clean Edge”, P.S. 1 Museum, New York, nel 1991 alla Whitney Biennal, New York, nel 1993 “As Long as it Lasts” al Witte de With, Rotterdam; nel 1994 “Unbound: Possibilities in Painting, Hayward Gallery, Londra. Dopo una lunga attività accademica, attualmente insegna presso la Yale University, New Haven, CT.
La mostra è accompagnata da un catalogo delle edizioni Hopefulmonster italiano/inglese, con testi critici di Michel Gauthier e Giorgio Verzotti